“Mi considero una fotografa, niente di più; e se le mie fotografie si differenziano da quello che generalmente viene prodotto in questo campo è proprio perché io cerco di produrre non arte, ma fotografie oneste, senza trucco né manipolazioni, mentre la maggioranza dei fotografi cercano ancora “effetti artistici” o l’imitazione di altri mezzi di espressione e ne risulta un prodotto ibrido che non riesce a dare all’opera prodotta il carattere più importante che dovrebbe avere: la qualità fotografica.“
Tina Modotti, mexican folkways, ottobre-dicembre 1929
Ho scoperto Tina Modotti attraverso una serie di libri di fotografia che ho acquistato durante il lockdown dello scorso anno. Non ne avevo mai sentito parlare e dopo aver sfogliato le prime pagine del volume mi sono trovata immersa nella storia di una vita affascinante e sorprendente. Sulla scia della curiosità, a settembre ho visitato la mostra a lei dedicata al Mudec a Milano: attraverso i suoi scatti, ho deciso di approfondire la storia di questa coraggiosa donna moderna ed emancipata.
Italia, America e Messico
Tina Modotti nasce a Udine il 16 agosto del 1896 e, ancora molto giovane, si trasferisce in America con la sua famiglia. A San Francisco intraprende la carriera di attrice, prendendo parte in alcuni film muti, tra cui “The Tiger’s coat” del 1920.
L’incontro con il fotografo Edward Weston, del quale sarà sia modella che amante, segnerà un svolta decisiva nella vita della giovane Tina: scoprirà la sua passione per la fotografia e insieme a lui si trasferirà in Messico nel 1923, entrando così a far parte di quella serie di intellettuali che scelsero di prendere parte alla lotta politica e culturale di quella nazione.
Tina Modotti tra politica e fotografia
In poco tempo entra nel partito comunista messicano, collabora con il giornale del partito e fa la conoscenza di personalità come Frida Khalo e Diego Rivera.

Nel frattempo, Tina inizia anche a sperimentare con la fotografia utilizzando una macchina Graflex, come quella utilizzata da Weston. Ispirandosi alle avanguardie europee del cubismo e del surrealismo, i suoi primi lavori sono nature morte nelle quali effettua uno studio della luce, della composizione e della tonalità, come in “Calle” del 1924. Questa fotografia in particolare mi ha subito ricordato i lavori che verranno realizzati circa quarant’anni dopo da Robert Mapplethorpe.

Non passa molto prima che Tina decida di unire la sua passione per la fotografia con quella per la politica, realizzando immagini intrise di forte denuncia sociale. Un esempio è lo scatto realizzato nel 1927 che ritrae un gruppo di contadini intenti a leggere “El Machete”. Uno dei capisaldi della sua lotta politica era incentrata sull’alfabetizzazione: per potersi informare bisogna saper leggere.

La prima mostra di Tina Modotti
Il suo interesse per il popolo messicano la porta a dedicare una serie di fotografie al racconto della vita delle donne della comunità Tehuantepec. Nonostante il potere politico sia in mano agli uomini, la loro è una società matriarcale. Le fotografie di Tina documentano una serie di donne forti, bellissime e sempre in movimento che faranno parte della sua prima mostra antologica inaugurata il 3 dicembre 1929 alla biblioteca Nacional dell’UNAM a Città del Messico. La stessa Frida Khalo era affascinata dalle donne di questa regione e si ispirò ai loro costumi tradizionali per il suo abbigliamento.

In fuga dal Messico
In quegli anni la fotografa incontra Julio Antonio Mella, uno dei più importanti attivisti politici nonchè uno dei fondatori del partito comunista di Cuba. Tra loro nascerà un’importante storia d’amore e lui comparirà anche in alcune sue fotografie. Tra le più conosciute sono il suo ritratto e lo scatto della macchina da scrivere di Julio con all’interno un foglio che riporta una citazione di Trockij. Il 10 gennaio del 1929, un colpo di pistola uccide Mella mentre sta rincasando con Tina. Nel corso delle indagini, le forze dell’ordine accusano la fotografa di essere complice dell’attentato. L’anno seguente, espulsa dal Messico insieme a Vittorio Vidaldi, cerca rifugio in Europa.

Gli ultimi anni
La fuga dal Messico segna la fine della sua carriera da fotografa. Il suo ultimo scatto lo fece a Berlino, prima di trasferirsi a Mosca dove diventa infermiera per il Soccorso Rosso Internazionale mentre lavora come spia per l’Unione Sovietica.
Nel 1936 e per i successivi tre anni, Tina e Vittorio si trovano in Spagna, al fianco delle Brigate Internazionali. In questo periodo incontrerà Gerda Taro e Robert Capa che cercheranno di convincerla a riprendere in mano la macchina fotografica.
Dopo la disfatta spagnola nel 1939, riuscì a tornare in Messico sotto falso nome. Morì nel 1942 colpita da un attacco cardiaco mentre si trovava su un taxi. Il poeta Pablo Neruda scrisse l’epitaffio per la fotografa, intitolato “Tina è morta”.
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