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Dall’oscurità alla luce: l’evoluzione di Francesco Maffei.

Francesco Maffei, insieme a Giulio Carpioni, fu uno dei due grandi artisti che influenzarono il panorama artistico vicentino Seicentesco. Nonostante l’incertezza sulla sua formazione, fu una figura cruciale nel rinnovamento della pittura della città berica, che mutò dallo stile cupo di Alessandro Maganza alle tinte ricche di luce tipiche dello stile veneziano.

Il cambio di stile di Francesco Maffei: dalle atmosfere cupe alle tele ricche di luce.

Come giustamente sottolineato nell’esposizione di alcune delle opere di Francesco Maffei nell’omonima sala del Palazzo Chiericati, il cambio di tinte e di metodo di pittura è ben visibile con l’affiancamento di due tele eseguite a vent’anni di distanza l’una dall’altra: il lunotto rappresentante L’Angelo custode, che si presume sia stato eseguito ante 1630, e la pala d’altare con Cristo consegna le chiavi a San Pietro, ascritta tra 1640-1650.

L’Angelo custode: Francesco Maffei e l’influenza del maestro.

Nella tela L’Angelo custode è facilmente visibile la prevalenza di tinte brune e dai colori spenti, tipiche dello stile pseudo-tintorettesco del Maganza; nonostante ciò sono presenti due punti luminosi: la veste dorata dell’Angelo e quella rosa acceso del piccolo Tobiolo.

Francesco Maffei, L’Angelo custode, ante 1630, Vicenza, Palazzo Chiericati.

La lunetta presenta una struttura narrativa suddivisa in tre storie:

  • Al centro si riconosce il brano da cui prende il titolo l’opera, cioè la storia di Tobiolo e del suo Angelo custode (Arcangelo Raffaele). L’episodio narra di come la figura celeste vegliò sul giovane avventuriero nella sua missione di restituire la vista al padre.
  • A sinistra, invece, emerge una figura di donna con indosso solo un paio di orecchini di perla, mentre porge un frutto simile ad una mela; questa figura la si potrebbe identificare con Eva, simbolo delle scelte sbagliate.
  • Nel lato destro della tela, infine, si scorgono delle figure di monaci nell’atto di avviarsi verso un’altura; nel mentre della loro ascesa sembrano compiere con gesti di pentimento, identificabili come redenzione dai peccati. Probabilmente queste figure religiose appartengono alla confraternita dell’Angelo Custode, identificati come coloro che commissionarono quest’opera per la chiesa vicentina dei Santi Filippo e Giacomo.

Anche nell’esecuzione dell’opera si nota come il tratto impiegato da Francesco Maffei sia caratterizzato da ampie campiture che si sfumano l’una con l’atra; queste sono ben visibili nel paesaggio, che risulta non ben definito. Brani di grande maestria nella definizione dei dettagli risultano, invece, i calzari dell’Angelo, i gioielli di Tobiolo e la veste di quest’ultimo; qui si scorgono elementi di grande realismo. Risultano ancora giovanili i volti, che presentano un certo gusto grottesco.

Il mutamento: il “Nuovo” Francesco Maffei.
Francesco Maffei, Cristo consegna le chiavi a San Pietro, 1640-1650, Vicenza, Palazzo Chiericati.

Tutto ciò muta nella seconda tela, Cristo consegna le chiavi a San Pietro.

Nell’esecuzione della pala, Francesco Maffei è soggetto alle influenze veneziane per due elementi: i colori ed i contrasti cromatici utilizzati e la disposizione; lo sfondo sul quale si sviluppa il tema narrativo .

Le due principali influenze responsabili di queste novità stilistiche si possono immediatamente scorgere nelle opere di Tiziano Vecellio e Paolo Veronese.

Il primo lo si nota nello sviluppo dello scorcio paesaggistico visibile sulla destra della tela, oltre che nell’esecuzione nella parte superiore della stessa dove si trovano degli angioletti immersi nelle nuvole e nella luce.

Per quanto riguarda il Veronese, l’influsso potrebbe derivargli direttamente dalla tela situata a Santa Corona, L’Adorazione dei Magi; probabilmente è da questa che riprende lo scorcio delle rovine antiche, metafora della caduta del paganesimo e dell’avvento del cristianesimo. Altro elemento che richiama il famoso pittore è l’utilizzo delle cromie rosa ed azzurro a contrasto per la veste di Cristo.

La formazione.

Francesco Maffei nacque a Vicenza intorno al 1605. Le informazioni sulla sua condizione famigliare sono molto scarne; infatti, si è a conoscenza solo della professione del padre, un pittore vicentino di poco lustro, mentre della madre non si sa nulla.

Sulla sua formazione si possono condurre solo ipotesi, nonostante sia riscontrabile nelle opere giovanili un’influenza della maniera di Giovan Battista ed Alessandro Maganza, i quali insegnavano in una delle botteghe di pittura più importanti di Vicenza. È probabile, quindi, che il giovane pittore si sia affidato a tale bottega. 

Francesco Maffei, durante la sua frequentazione dei Maganza, cercò anche di mettersi in pari con le influenze che giungevano attraverso le opere veneziane, tra le quali quelle di Paolo Caliari detto il Veronese, di Jacopo Bassano, di Jacopo Robusti detto il Tintoretto e, infine, di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane.

La svolta: il 1632.

Con la morte di Alessandro Maganza nel 1632, Francesco Maffei iniziò un percorso di studio degli artisti veneziani del Cinquecento, sostituendo le atmosfere cupe e sfumate del suo presunto maestro con uno stile legato alle pennellate veloci ed all’utilizzo di colori vivaci su influsso del pittore Andrea Vicentino.

Nel 1635 Francesco Maffei ottenne il suo primo incarico pubblico a Vicenza: una tela allegorico-celebrativa per il Palazzo del Capitano (Vicenza), oggi perduta. Nel 1638, invece, gli fu affidato il compito di concludere presso la chiesa degli Incurabili a Venezia ilParadiso, opera iniziata da Sante Peranda, anche questa oggi perduta. Questo soggiorno veneziano consentì a Maffei di avvicinarsi allo stile barocco, oltre a consentirgli di continuare gli studi dei grandi pittori, con grande riguardo per Tintoretto e le sue grandi e ricche composizioni, caratterizzate dai contrasti di luce e dal dinamismo delle figure.

Poco si sa su cosa avvenne nel periodo della sua maturazione, identificato tra 1637 e 1644. Fu in questi anni che sviluppò uno stile personale, caratterizzato dall’utilizzo di componenti anticlassiche, in cui Francesco Maffei proponeva dei dettagli particolari, come il rigonfiamento quasi eccessivo delle stoffe.

Il nuovo pupillo di Vicenza.

Nel 1644 iniziò il lavoro per i lunettoni dedicati al tema delle Glorificazioni, destinati alla sala del consiglio presso Palazzo del Podestà a Vicenza, oggi visibili a Palazzo Chiericati. Quest’anno coincide con l’affermazione di Francesco Maffei come “nuovo Maganza”, diventando, quindi, il pittore ufficiale dei nobili vicentini.L’impresa dei lunettoni si concluse solo nel 1656; in queste tele è possibile osservare la capacità ritrattistica di Francesco Maffei, in cui nelle espressioni forzate ed eccitate dei personaggi si nota l’inclinazione del pittore verso il bizzarro ed il grottesco.

Maffei continuò a lavorare, spostandosi dal 1640 al 1657 tra Vicenza, Brescia, Rovigo, Milano e Padova. In quest’ultima città si trasferì nel 1657, come testimoniano varie lettere, e vi rimase fino alla morte, avvenuta nel 1660.

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