Carlo Scarpa (1906-1978) fu uno degli architetti più influenti del XX secolo. Ciò è dimostrato dai vari premi a lui consegnati, tra i quali spicca quello della Presidenza della Repubblica per l’architettura. Nella provincia di Treviso Carlo Scarpa eseguì due dei suoi più celebri progetti: ampliò il Museo di Canova a Possagno e costruì nel cimitero di San Vito (frazione d’Altivole) la Tomba Brion.
Il Museo di Canova a Possagno.

Il progetto di ampliamento del museo venne affidato nel 1957 all’architetto Carlo Scarpa, al fine di celebrare i duecento anni dalla nascita di Antonio Canova.
Questo lavoro aveva la finalità di allestire quelle opere di Canova rimaste in deposito; in particolare, serviva ad esporre i bozzetti in terracotta, che fino ad allora erano rimasti preclusi alla vista dei visitatori.
Carlo Scarpa, in fase di progettazione della nuova ala aggiuntiva, suddivise la struttura in due volumi:
- Uno più verticale, caratterizzato da una pianta quadrata;
- Un secondo volume trapezoidale e dal soffitto più basso.
Nel primo dei due volumi, quello quadrato, Scarpa ha posto quattro finestre angolari; da queste penetra una luce zenitale che illumina la stanza anche grazie al riverbero creato dalle pareti bianche. Tutte le opere qui esposte presentano un basamento differente a seconda della loro struttura: i busti sono rialzati e posti su mensole, le figure intere sono collocate su basi rialzate in cemento, mentre le figure distese presentano dei lettini in ferro che le separano dal pavimento. Per quanto riguarda i bozzetti in terracotta, essi sono posti su teche in vetro sorrette da una sola gamba in ferro.

La struttura trapezoidale, invece, caratterizzata da dei gradoni, presenta una muratura continua da un lato, mentre dall’altro è intervallata da pareti vetrate e in pietra. Questa struttura serve a racchiudere nel punto più stretto il gesso delle Tre Grazie poste davanti ad una grande vetrata; ciò crea un climax nel percorso di visita del visitatore, che parte da dei bozzetti in terracotta fino a giungere ad una delle opere più popolari di Canova.
Dalla vetrata che conclude il volume trapezoidale, inoltre, è possibile vedere il passaggio pedemontano che ha delimitato l’ampliamento della struttura e che ne ha caratterizzato il perimetro.
Carlo Scarpa riuscì in questo modo a creare una disposizione scenografica delle opere tutte illuminate da luce naturale.
La Tomba Brion a San Vito.
La storia
La Tomba Brion è un complesso funebre commissionato da Onorina Brion Tomasin per onorare il marito Giuseppe Brion, morto improvvisamente nel 1968. L’anno seguente, dopo l’acquisto del terreno, vennero avviati i lavori di costruzione del complesso su progetto dell’architetto veneziano Carlo Scarpa.
Scarpa non portò a termine l’opera poiché morì nel 1978. Il complesso venne comunque completato nel medesimo anno seguendo il progetto dell’architetto.
Anche Carlo Scarpa è sepolto, per sua volontà, all’interno del cimitero di San Vito d’Altivole: la sua tomba è posta tra la Tomba Brion ed il vecchio cimitero.

Il lato architettonico
L’arcosolio
Il complesso presenta come punto centrale le tombe dei coniugi situate sotto l’arco teso, al fine di rappresentare l’amore matrimoniale dei due defunti. I due sarcofagi, però, non si toccano, così da alludere alla volontà dell’uomo di tenersi vicino, anche nella morte, ciò che per natura è stato separato. L’arco teso posto al di sopra delle tombe, inoltre, rappresenta il sepolcro di Cristo; questo richiamo riprende l’idea medievale della riproposizione dell’arcosolio, cioè del sistema di sepoltura paleocristiana ben visibile nelle catacombe romane.
Quindi la tomba coniugale riflette al suo interno degli elementi che richiamano la concezione cristiana dell’aldilà. All’interno dell’arcosolio (definito così dallo stesso Scarpa) è possibile notare la presenza di alabastro nell’intersezione dei due archi che dividono longitudinalmente la tomba, di pasta cementizia rossa e, infine, di tessere di mosaico colorato; questi sono tutti richiami alle tombe visitate da Carlo Scarpa, come il Sacello del Santo Sepolcro nella Cattedrale di Aquileia oppure la Chiesa di San Giobbe a Venezia.
I propilei

La tomba presenta due ingressi: uno pubblico, che consente di far combaciare la via già esistente del cimitero con la zona dei propilei, ed uno autonomo. Quest’ultimo inizia sul fondale dell’asse stradale del cimitero e continua accanto alla muratura perimetrale. Questa entrata privata, chiamata anche la “porta dei morti”, consentiva ai familiari Brion di visitare la tomba a prescindere dagli orari del cimitero comunale. L’ingresso dai propilei, invece, conduce verso l’arcosolio e alla zona della cappella, per poi riportare il visitatore sui propri passi fino a giungere all’interno del corridoio che porta al padiglione sull’acqua.
Scarpa, con il posizionamento di un giardino tra le varie tombe, voleva integrare uno spazio di movimento per vivi al fine di ricordare loro l’inevitabilità della morte.
La cappella
La cappella ha lo scopo di sostituire quella Ottocentesca che Scarpa demolì per realizzare il progetto. La nuova chiesetta si presenta con una pianta quadrata, con un orientamento che segue l’asse nord-sud e con un’affaccio verso la vasca d’acqua. La copertura del complesso è suddivisa in quattro settori quadrati uguali e utilizza la soluzione piramidale solo nella zona sovrastante l’altare.

Il padiglione sull’acqua
Il padiglione sull’acqua è una piccola struttura in ferro e legno, che riprende, mutandola, l’architettura giapponese. Questo luogo ha funzione di meditazione; ciò lo si può ricondurre sia alla cultura orientale sia a quella occidentale (basti pensare al Teatro Marittimo di Villa Adriana). Resta però di fatto che non si conoscono le foti alle quali attinge Carlo Scarpa nella progettazione del padiglione.


Per raggiungere il padiglione è necessario oltrepassare la porta di vetro posta nel corridoio di accesso. All’interno del padiglione è possibile notare come solo una persona di statura normale seduta può godere del paesaggio delle colline di Asolo, mentre il visitatore in piedi ha delle difficoltà dovute alla forma cava della struttura. Questo “gioco” con il visitatore per Scarpa aveva una finalità: dimostrare come per comprendere le cose fosse necessario distanziasi da esse e, in questo caso, sedersi per concedersi del tempo di riflessione.
La struttura appare come una zattera, visto che i bordi della struttura in calcestruzzo sono realizzati a sbalzo sull’acqua.
Curiosità: La piccola geometria metallica che decora un bordo della copertura del padiglione consente di inquadrare perfettamente sia l’arcosolio sia il campanile di Asolo.

I simboli
All’interno del monumento è possibile incontrare alcuni elementi che presentano dei messaggi nascosti. Uno dei più celebri sono gli anelli incrociati nel propileo: uno rosso (per indicare la femmina) ed uno blu (per indicare il maschio), questi cerchi rappresentano la morte in chiave coniugale. Questo simbolo lo si ritrova anche nella finestra dietro la cappella.

Altro elemento non del tutto immediato è l’Omega: questo simbolo lo si riscontra nella porta interna della cappella funeraria e richiama il passo dell’Apocalisse “io sono l’Alfa e l’Omega”.
Anche la presenza dell’acqua all’interno del complesso, che ha un ruolo centrale nella definizione del progetto, ha un valore simbolico: essa è segno di vita all’interno di un complesso che rappresenta la morte coniugale. L’acqua non è più solo mezzo di congiungimento di percorsi, ma possiede anche il fine di mantenere le distanze, così da permettere al visitatore il raccoglimento e la percezione delle architetture da una certa distanza. Per concludere l’acqua rappresenta anche il tempo che scorre e quindi l’avvicinarsi inevitabile della fine.

Ultimo simbolo presente lungo tutte le superfici interne è la presenza di ampie riquadrature intonacate e rifinite in calce bianca, dove, in corrispondenza degli angoli, sono presenti delle borchie metalliche. Questo modo di sviluppare le pareti serve ad imitare le borchie utilizzate per fissare le lastre tombali.
Gli spunti architettonici
La struttura è completamente eseguita in calcestruzzo; questa scelta può essere dovuta all’influenza delle opere di Frank Lloyd Wright. Lo stesso architetto americano spinse Carlo Scarpa ad avvicinarsi alla cultura giapponese, la quale si riscontra nella somiglianza delle forme dentellate con quelle presenti nelle strutture dell’allievo di Wright, Walter Burley Griffin.